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Dopo due anni di pandemia e nel corso di una guerra ai confini dell’Europa, farsi gli auguri di Pasqua per noi non può esaurirsi in un succinto auspicio di salute, serenità e pace...
Sia la pandemia che la guerra sono eventi di una vastità enorme di fronte ai quali difficilmente ci si sente preparati e all’altezza di comprenderne tutte le sfaccettature e implicazioni. 
La pandemia ad esempio ci ha forzatamente fatto riscoprire cosa significhi la prevenzione sanitaria e quanto siano importanti i gesti, le azioni e relazioni che riempiono la nostra quotidianità. A due anni di distanza sarebbe esagerato e fuori di luogo dire che siamo arrivati a certezze. 
I notiziari ci mostrano ogni giorno cosa vuol dire nel frattempo avere una guerra in casa nostra: gli eccidi, le sofferenze di un popolo, le sue implicazioni economiche sono entrate con prepotenza nella nostra vita, hanno superato un confine storico che ci eravamo illusi di aver fissato al 1945.
Nel frattempo decine di altre guerre sono state e sono combattute ma… lontane e localizzate o quantomeno percepite come tali. Perfino la guerra dei balcani o ex Jugoslavia, estremamente vicina a noi,  non è mai stata percepita come una minaccia concreta come succede ora.

Vivere la Pasqua significa anche porsi davanti al Crocefisso e chiedersi il perché di una morte di croce.

Davanti alla guerra siamo attoniti e basiti, ma se siamo sinceri non possiamo dire che nessuno ci avesse avvisato. Non possiamo dire che in questi anni ad esempio da parte del Papa non si sia sottolineato come la sottovalutazione della lotta alle ingiustizie e il proliferare dell’industria bellica, non facessero che preannunciare un conflitto che difficilmente sarebbe rimasto racchiuso in confini regionali. 
Non possiamo dire di non aver visto le conseguenze dei conflitti dell’Iraq, dell’Afghanistan, della Siria, della Libia, dell’eterna guerra fra Israele e Palestina…
La nostra illusione è caduta e ci ritroviamo di fronte  quesiti, alcuni dei quali, identici a quelli che si sono posti coloro che hanno partecipato alla guerra di resistenza al Nazifascismo.  Esiste una guerra giusta? E’ giusto difendersi anche con le armi, uccidendo nostri simili?  E’ possibile prevenire una guerra? Ha ragione il Papa a dichiararsi sbalordito dalla decisione di aumentare le spese militari o hanno ragione i capi di stato che hanno deciso di aumentarle?

Non è affatto facile rispondere e riflettere su queste tematiche.

Due certezze forse rimangono. La prima è che la condivisione dei propri limiti, delle proprie non risposte,  anche se non necessariamente porta a certezze, può aiutare a individuare strade, percorsi. La seconda è che la pace si costruisce compiendo azioni di giustizia, piccole o grandi che siano.

L’augurio forse può essere questo: che Eortè e i suoi soci continuino e siano ancora di più una comunità accogliente, dove “si ascolta con orecchie e cervello” e si cerca di seminare semi di giustizia.

Il Consiglio di Amministrazione

pasqua 2022

 

 

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